efNon avendo altro mezzo per argomentare l'affermazione contenuta nel titolo, ho pensato di scrivere un breve racconto, certo che chi ha a che fare con classificazioni e categorizzazioni ne coglierà il senso.

 

Daniel proprio non riusciva a capire la pulsione degli esseri umani nel voler battezzare qualsiasi cosa, ma nulla lo infastidiva come i nomi assegnati a raggruppamenti arbitrari.

Certo, usare un nome per indicare un insieme è comodo ma a tutto c'è un limite!
Poche ore prima una bambina gli aveva chiesto un "gattone morbido" e si era molto arrabbiata quando Daniel gli aveva proposto un esemplare un po' spelacchiato ma decisamente obeso.
Per questo era stato multato dal suo coordinatore; e non era la prima volta che succedeva.

Daniel decise che doveva approfondire la questione. Armato di pazienza, passò rapidamente in rassegna le richieste che aveva ricevuto nell'ultimo mese: il più delle volte i clienti usavano un nome per indicare in modo sintetico una configurazione di attributi facilmente reperibili, ad esempio se cercavano un "cucciolo", bastava trovare un cane o un gatto con una data di nascita recente. A volte però era più difficile, spesso chiedevano un prodotto "economico", ma Daniel aveva imparato a quale range di prezzo i clienti si riferissero e i problemi con il coordinatore erano ormai rarissimi.

Poi c'erano le etichette sugli scaffali del magazzino: "offerte speciali", "illuminazione", "usato garantito", e questi erano decisamente raggruppamenti facili da capire anche se l'etichettatura, a detta dei suoi colleghi, era un lavoro noiosissimo e lungo.

Ma quelli preferiti da Daniel erano i nomi con cui si indicano un insieme di proprietà che caratterizzano gli oggetti: quando i clienti gli chiedevano un "DOCG di 10 anni", Daniel a colpo sicuro sapeva che il cliente cercava una bottiglia di ottimo vino italiano. Mai un problema con questi articoli.

Rimaneva il problema del gatto "morbido" e Daniel giunse rapidamente alla conclusione che non c'era nulla da fare se non procedere per tentativi raffinando la sua capacità di capire il gusto clienti. Un po' come aveva imparato a fare per il prezzo "economico", solo che non era possibile tradurre la richiesta del cliente in una "query" sul database del negozio, bisognava procedere per analogie con richieste simili, tenendo in conto successi e insuccessi. Daniel tristemente prese atto che non c'era modo di evitare le multe.

Decise quindi di parlarne con il suo coordinatore, suggerendo un premio ogni volta che indovinava la richiesta di un cliente esclusivamente sulla base della sua personale esperienza maturata a suon di multe. Gli pareva giusto. Per catturare l'attenzione del coordinatore, Daniel pensò di scrivergli una breve nota. Con sua grande sorpresa si trovò a elencare tre punti:

  • Facets: classificazioni dinamiche sulla base di attributi con valori espliciti. In sostanza il nome di una query. Onorate per contratto. (es. Rosso DOCG del 2002)
  • Tassonomie/thesauri: etichette esplicite associate ai singoli oggetti ma non collegate ad attributi. Onorate per contratto. (es. Barolo )
  • Folksonomies: nomi arbitrari associati dai clienti alle singole cose. Queste richieste sono oggetto della proposta premio quando indovinate. (es. vino buono)

Come oggetto della mail pensò "Daniel's proposal for customer categories management", l'inglese era da tempo la lingua franca del business. Per dare maggior peso alla sua richiesta decise di parlare anche a nome dei suoi colleghi scegliendo di usare il nome dello scaffale in cui lui stesso risedeva , il titolo della mail fu quindi "Daemon's categories".

Era il primo aprile 2114; la data in cui ogni differenza sostanziale tra umano e macchina cessò di esistere..